A.P.I. - Salto Cicolano
Legge 40
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    Salto Cicolano: itinerari da scoprire nel centro d'Italia

     

    Le vie di Alta Quota
    Alla scoperta degli altipiani e dell'arco montano


    Il Castello di Fiamignano
    La prima tappa del nostro percorso è Fiamignano,(anche Petrella Salto) salendo dal paese verso l'altopiano dell'Aquilente, attraverso una strada ripida ma molto suggestiva, si raggiunge il valico di S.Angelo 1360 m. slm. Sulla sinistra vi sono, all'interno di una pineta, i resti della chiesetta di S. Angelo in Cacumine, appartenenti al periodo della romanizzazione IV-III secolo (vedi it. Sacri), ed una chiesetta dedicata agli alpini costruita negli anni "60. Dopo aver assolto al rito dell'apposizione della firma sul registro della chiesetta, e dopo aver goduto dello splendido panorama su gran parte della Valle e del lago del Salto, accompagnati da un intenso odore di bosco , si è pronti per scendere dall'altra parte del valico per conoscere le vie degli altipiani.
    Proseguendo sulla strada sterrata si giunge all'altopiano dell'Aquilente il più piccolo dei quattro altipiani, con al centro il laghetto omonimo, meta nel periodo invernale degli amanti lo sci escursionistico. Si inseriscono naturalmente nel paesaggio gli antichi stazzi, di piccole dimensioni, che si nascondono tra le ondulazione del terreno. Vi sono coltivazioni stagionali di cereali destinati al bestiame e di diverse erbe foraggere. Negli ultimi anni è ripresa la coltivazione della lenticchia, che unitamente a quella coltivata a Rascino sta assumendo le caratteristiche di prodotto di nicchia. Nell'altopiano è stato recentemente ristrutturato un rifugio di proprietà della VII Comunità Montana, nel quale è possibile sostare per rifocillarsi e nel contempo degustare l'ottima cucina locale. Nel periodo primaverile l'altopiano si tinge di rosa, viola, bianco, rosso e giallo, questi colori sono dovuti alle fioriture delle diverse erbe coltivate, ma anche alle erbe spontanee, e producono un effetto fantastico, soprattutto quando il vento li fa oscillare morbidamente.
    Superato l'Aquilente, dopo aver attraversato un breve valico, si giunge all'Altopiano della Petrella, con l'omonimo laghetto. Il territorio è accidentato ma molto suggestivo, delimitato da folti faggi che ricoprono i pendii circostanti. Più avanti si curva attraverso piccole valli colorate, campi coltivati, faggete, e pascoli, di tanto in tanto, si scorgono le "casette" costruzioni tipiche del territorio, che servivano anticamente come ricovero per gli allevatori e le loro famiglie, ed ancora oggi utilizzate. Si giunge finalmente sull'Altopiano di Rascino, 1150 m. slm. L'altopiano è il più esteso dei quattro e non v'è dubbio, il più frequentato ed articolato. Solcato da muretti a secco, da siepi di rovi di biancospino, sulle quali campeggia uno splendido esemplare, che da rovo nel corso del tempo è divenuto un magnifico albero, posto sulla parte sinistra della piccola strada che raggiunge il lago di Rascino. Il laghetto di forma irregolare, a ben guardare quasi tentacolare, è di origine carsica. Nelle sue acque vi è la possibilità di pescare il luccio e di praticare il ledgering e lo spinning. Ai margini del lago, un inghiottitoio naturale ed al di sotto la falda che alimenta le SORGENTI DEL MONTE NURIA. Si consiglia una rilassante passeggiata lungo le sponde del lago. L'altopiano è dominato da ciò che resta del Castello che sorgeva a 1200 m. L'antico insediamento in quota è molto articolato e si sviluppava in due nuclei abitativi, uno in alto intorno alla rocca, costituito da una cinquantina di abitazioni molto elementari, ricavate per gran parte regolando la roccia affiorante e formate spesso da un solo ambiente, mentre per la copertura dovevano essere utilizzate assicelle lignee o fasci di erbe palustri. Un altro in basso, di minor dimensione, ma con alcune case maggiormente articolate e con l'alzato formato di ciottoli calcarei legati da malta molto povera, formatosi non lontano dall'antica pieve di S. Maria, nota a partire dal XIII secolo e crollata soltanto nel secolo scorso, della quale restano alcuni ruderi. Il castello ha avuto una storia abbastanza effimera, fondato tra i secoli XI e XII, nella seconda metà del XIII secolo, dopo un aspro confronto con i signori locali, partecipò alla fondazione dell'Aquila e fu incorporato nel suo contado. Nel Trecento fu incendiato due volte ed alla fine del secolo fu abbandonato. L'emigrazione degli abitanti però non fu totale, dato che l'insediamento si trasformò da stabile in temporaneo, utilizzato nei mesi estivi per la pratica della pastorizia transumante e delle colture cerealicole. La transumanza viene praticata ancora oggi, durante il periodo estivo greggi di ovini rientrano nel territorio comunale ripercorrendo per brevi tratti gli antichi tratturi. In passato le greggi delle masserie armentizie appartenenti a poche famiglie benestanti, i cosiddetti locati tornavano a giugno dalla Campagna Romana, dove avevano trascorso l'inverno. Il lupo, ancora presente in questo territorio, oggi protetto da leggi di tutela, ogni tanto fa visita a qualche improvvido armento, ma gli allevatori vengono risarciti per i danni subiti. Sull'altopiano, ogni anno a fine luglio si svolge una mostra ovina, assai frequentata. E possibile, dopo aver fatto una rilassante passeggiata lungo le sponde del lago, sostare nel Rifugio Uscertu di proprietà del Comune di Fiamignano e dissetarsi alle fresche acque dell'omonima fonte. Sull'Altopiano vi è la Zona di Addestramento Cani gestita dall'Associazione Faunistico-Venatoria Castello di Rascino, che organizza da maggio in poi manifestazioni nelle quali i cani divengono i re della montagna. In inverno, l'altopiano con il lago ghiacciato, è meta di piacevolissime escursioni di sci da fondo.

    Altipiano di Rascino
    Lasciato alle spalle Rascino, ci dirigiamo verso l'Altopiano di Cornino 1250 m. slm Si può salire con un fuoristrada, ma si consiglia di munirsi di scarponi e zaino, per poter dopo circa 30 minuti di cammino in salita, godere dello splendido panorama che si scopre dinanzi agli occhi. Una piccola Valle ondulata, con un laghetto nel mezzo, creato in una dolina, alimentato solamente da acqua piovana e dallo scioglimento delle nevi, consente l'abbeveraggio dei bovini ed equini in alpeggio durante il periodo estivo. Alle sue spalle un boschetto di abeti rossi, che gli conferisce una sorta di fascino alpino, offre riparo agli animali dalla calura estiva. Attraversando a piedi l'altopiano, si incontrano cespugli di uva-spina, faggi potati alla base in modo naturale dalle mucche che pascolano nel territorio. E' possibile scorgere in alcune gobbe del suolo ricoveri per le bestie: piccole cavità scavate nel terreno e ricoperte in modo naturale da grosse pietre sovrapposte. Cornino è posto alla base del Monte Nuria ed è raggiungibile anche dalla Salaria per L'Aquila, all'altezza del bivio di Sella di Corno. Lo spettacolo dei colori si ripete ad ogni stagione, il candore della neve in inverno, il giallo rosso e marrone in autunno, ma nel mese di maggio quando arriva la primavera, il colore viola del'Iris nano con il verde incontaminato dell'altopiano crea un magnifico gioco di colori. Per poterne godere è necessario salire prima dell'alpeggio dei bovini. Si consiglia, per i più allenati, una piccola digressione, la camminata può continuare in direzione Nuria e con un paio d'ore si arriva nella Valle dell'Incoronata. Superato il bosco seguendo lo stesso percorso si raggiungono i laghetti di Nuria, poco dopo si raggiunge la vetta situata a 1888 m. s. l. m. Sulla vetta è situato un picchetto e su di una pietra è incisa l'indicazione Nuria. Conquistata la vetta la vista è da mozzare il fiato, lo sguardo va dalla piana reatina al Monte Terminillo ed al Gran Sasso in direzione L'Aquila. Una sorgente d'acqua purissima si trova all'interno della montagna, questa sgorga nel Peschiera che alimenta, con un acquedotto lungo 86 chilometri, gran parte della città di Roma. Tutta la zona, proprio per tutelare la purezza dell'acqua è sottoposta a vincoli rigidissimi.
    Tornando a Rascino e proseguendo dalla parte opposta a quella da cui si è saliti, sulla destra c'è uno splendido fontanile in pietra, L'Aséllu, costruito nel 1908 e recentemente ristrutturato. La strada torna ad essere asfaltata e si snoda attraverso meravigliose faggete, meta in primavera, di numerosi gruppi di scout (informazioni presso Comune di Fiamignano). Si prosegue per pochi chilometri, poi sulla sinistra si incontra un bivio, con l'indicazione ROCCA E'RICI. Si lascia l'auto e si prosegue a piedi per un breve tratto sino ad arrivare ad una piccola baita in legno, punto base delle piste di sci da fondo, realizzate proprio in questo luogo. Su questa altura rocciosa che conserva ancora oggi il toponimo, sorgeva Rocca Odorisii, un piccolo insediamento fortificato del quale restano soltanto parti dell'apparato fortificatorio. La Rocca, di fondazione signorile, ebbe una vita molto breve, e, al contrario di quanto avvenne per il castello di Rascino non fu inglobata nel contado aquilano, ma fu inserita nella baronia di Corvaro.
    Riprendendo la strada asfaltata, c'è un'altra deviazione per la fonte dell'Ospedale. Ad un chilometro dal bivio sorge infatti FONTE OSPEDALE recentemente restaurata a ridosso della fonte è situato un rifugio, di proprietà della VII Comunità Montana. Il toponimo deriva dal fatto che, ai piedi del Monte tra le Serre, esistesse anticamente un Ospedale, come testimoniano i resti di una "struttura ospedaliera" lungo una via di collegamento con l'aquilano attraverso la montagna di Rascino. L'Ospedale Apud Sanctum Laurentium potrebbe essere stato in questa zona, e nel 1252 sembra essere attestato tra i luoghi di giurisdizione reatina in mano agli Ospitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme.
    Riprendendo la consueta strada si arriva ad un bivio, si svolta a sinistra, si attraversa il ponte del Faggio e si prosegue in direzione L'Aquila. La strada è l'antica via romana Amiternina, che collegava questo territorio con l'aquilano. La via, panoramica ed evocativa, tra cerri e querce, salendo conduce verso Tornimparte, prima del valico si svolta a destra su di una strada sterrata, indicazione Casale Calabrese, si prosegue a si giunge nella Valle Malito (Maleto), dell'antico Castello di Malito oggi restano le torri medioevali e le mura perimetrali, coperti da folta vegetazione.
    Proseguendo sulla strada che diventa più comoda nell'ultimo tratto, si arriva a S.Stefano di Corvaro. Sopra il paese, sul Monte Frontino, era situato il centro fortificato,e, da questo si poteva controllare sia l'accesso alla valle di Malito sia le strade in entrata a Corvaro ed a Collefegàto. L'insediamento dovrebbe risalire al il VII - VIsecolo a. C. In alcuni edifici si possono ammirare pregevoli bifore e portali risalenti al XII secolo. La chiesa di S. Stefano di origini medioevali fu ricostruita dopo il terremoto del 1915. E' a navata unica ed ha all'interno degli affreschi di pregio. Notevoli i 12 mulini ad acqua costruiti nel XVII secolo, alimentati dalle acque della Valle di Malito. Quattro situati all'interno del paese, ed otto posti in una località detta Aie di San Silvestro.

    Il Castello di Corvaro
    Scendendo dal paese si arriva a Corvaro (vedi it. sacro), l'attuale paese sorge in basso dominato da quello vecchio sul quale spicca il Castello. Le prime notizie di questo, risalgono agli inizi del XII secolo, quando, nel 1100, è ricordato come possesso di Farfa. Il Castello sembra essere, oltre alle chiese dipendenti dal monastero benedettino, il centro di gravitazione degli interessi e del popolamento del piano omonimo. Questo, come gli altri possesi di Farfa nell'area, furono sottratti all'Abbazia dallo stanziamento normanno della metà del XII secolo. Nel 1275 il Castello era in possesso di Petrus de Insula, che lo cedette a Sinibaldo di Vallecupola, fratello di Egidio, abate di S. Salvatore Maggiore, in cambio del Castello di Corrosoli nella Val Vibrata. Sinibaldo che era anche Signore di Staffoli, Capradosso, Rocca del Salto e di Varano, nel Cicolano e di Sassa e Preturo nell'aquilano aveva rilevanti interessi nella pastorizia transumante. Alla morte di Sinibaldo, passò alla contessa d'Albe, per breve tempo per poi passare sotto il dominio di Gentile di Amiterno nel 1319. Corvaro diedi i natali a Pietro Rinalducci, che nel 1328 fu eletto antipapa con il nome di Niccolò V. Il castello successivamente passò ai da Poppleto. Agli inizi del Quattrocento re Ladislao inserì IL Castello in un contado, ed il suo territorio comprendeva Collefegàto, Poggiovalle, Castelmenardo, due parti del Castello di Roccaodorisio ed i villaggi di Castiglione e di Villamalito, oltre ad altri beni del distretto feudale dell'Aquila. In seguito il contado fu inserito nella contea d'Albe, possesso prima degli Orsini, poi dal 1480 dei Colonna. La Rocca venne meno nel tempo, perdendo le funzioni originarie e nel 1660 veniva usata come carcere.
    Si consiglia una piccola digressione per visitare l'insediamento originario dell'attuale Borgorose, Collefegàto. L'etimo significa letteralmente "Colle dato in feudo", abbandonato agli inizi del XX secolo a favore di Borgo che nel frattempo si era sviluppato. Il significato del toponimo si è perduto nel tempo, l'accento è slittato modificandolo e stravolgendone il senso tanto da cambiarlo nell'anonimo nome attuale. Le origine del Castello non sono note, nel XIII secolo apparteneva a Gentile Vetulo e dominava unitamente all'insediamento dul colle infeudato la piana di Corvaro e la Valle del Salto.
    L'importanza rivestita da Corvaro nel medioevo è testimoniata anche dalla fondazione di un convento francescano, come testimoniano ruderi di S. Francesco vecchio. (vedi it. sacro).
    Uscendo da Corvaro, e procedendo in direzioneTorano, si svolta a sinistra al bivio di Cartore, dopo un breve tratto di strada sterrata ma comoda si giunge nel borgo. Il toponimo probabilmente deriva da Castrum Torae. La popolazione di Tora vi aveva trovato rifugio dopo l'invasione dei Longobardi. Il nucleo principale dell'antico centro di origine italico-romana, situato all'interno della Riserva Naturale del Monti della Duchessa, è costituito da rifugi. Gli edifici ristrutturati sono stati suddivisi in sei unità immobiliari, e servono come base di partenza per escursioni naturalistiche. E' presente una necropoli risalente al VI-V secolo (vedi it. arch.). Da qui si parte anche per visitare i romitori che punteggiano le pendici della Duchessa. In particolare l'eremo di San Costanzo a Bocca di Teve, raggiungibile percorrendo uno stretto sentiero che si inerpica lungo la costa rocciosa sino a raggiungere e superare i 1200 metri. La grotta , lunga più di 12 metri ed alta in media 4, è stata adattata con scavi e partizioni murari alla funzione religiosa, all'interno della cavità è stata ricavata una cisterna circolare che raccoglie le acque che stillano attraverso la parete rocciosa. Noto anche l'Eremo di san Leonardo ricavato a 1180 metri nella Valle Fua. Il Monastero, così lo descrivono le fonti a partire dal 1153, è di difficile accesso ed è collegato a Cartore da uno stretto sentiero. All'edificio religioso si recavano i pellegrini, affetti da malattie articolariche, per curarsi prelevavano frammenti di materiali ferrosi nei pressi dell'altare dedicato al santo. San Leonardo dipendeva dal monastero romano di S. Paolo fuori le mura.

    Laghetto della Duchessa
    La Riserva naturale parziale Dei Monti della Duchessa costituisce l'ultima tappa del nostro nutrito percorso. Questa, è stata istituita con la legge 70/90. E' posta nel Comune di Borgorose che ne è anche l'ente gestore. Si può arrivare alla Riserva attraverso Cartore ed anche da Corvaro, salendo attraverso Valle Amara. La Riserva fa parte di un "Sistema" di aree protette, nel quale è inserita anche la Riserva naturale dei Monti Cervia e Navegna. La superficie è di circa 3.000 ha, il territorio è montuoso, aspro e selvaggio. Dominano la Riserva il monte Morrone (2141 mt.) ed il Monte Murolungo (2184 mt.). Un laghetto d'alta quota ne impreziosisce l'insieme. Tristemente noto negli anni "70" per essere stato indicato come probabile nascondiglio dell'onorevole Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse. Il paesaggio che si scopre salendo in quota è uno dei più variegati ed affascinanti, sui 950 mt slm. Di Cartore e di Valle Amara, si possono trovare, i boschi misti di cerro, frassino, carpino, sorbo e acero, al di sopra dei 1200 mt. si trovano le imponenti faggete. Pascoli perenni sulle cime più alte.



    Le vie di alta quota

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