A.P.I. - Salto Cicolano
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    Salto Cicolano: itinerari da scoprire nel centro d'Italia

     

    Le terre di confine
    Viaggio alla ricerca del medioevo nella Valle del Salto


    Castello di Fiamignano
    Fiamignano: il Conflitto di Poggio Poponesco (vedi altri itinerari) la prima tappa…..
    Il 17 novembre 1860 sulle alture di Poggio Poponesco a Fiamignano, si consumò un'aspra battaglia tra i briganti circa 400 comandati dai capimassa , Giacomo Saporetti, Giuseppe Di Giovanni e Vincenzo Manenti ex sergente borbonico che vi lasciò la vita ed i soldati della guardia nazionale del Regno d'Italia di Vittoro Emanuele II. Dopo lo scontro i briganti o reazionari si dispersero nei boschi sopra l'altura. E' possibile immergersi nel vivo di questa battaglia iniziando il percorso da Fiamignano, presso la sede municipale a ridosso dell'antico ingresso sulla parete a destra vi è un affresco che riproduce con fedeltà e con grande equilibrio di colori la battaglia svoltasi circa due secoli fa in questo territorio. Subito prima sulle scale che portano nella sede del Municipio da segnalare un altro interessante affresco, LA BARBARIE. Racconta un fatto cruento il taglio di un orecchio perpetrato da un'aspirane brigante, Angelo Alvisini di Fagge, ai danni di un suo giovane cugino, che come prova di coraggio per entrare a far parte di una banda di briganti, aveva portato le orecchie del cugino stesso, tagliatele dopo averlo ucciso durante il sonno. I briganti però gli avevano commissionato l'omicidio di due persone adulte nei confronti delle quali avevano giurato vendetta, capito quindi che quelle orecchie appartenevano ad un ragazzo, sentendosi beffati lo uccisero a colpi di stilo. Interessante è la rilettura che l'artista opera nell'affresco, quasi surreale e per nulla cruento. Molti altri affreschi su pareti sono presenti in quasi tutte le frazioni del Comune di Fiamignano, realizzati da autori diversi con tecniche diverse, ripercorrono la storia del fenomeno del brigantaggio che interessò l'intero territorio del Cicolano . Si consiglia partendo da Fiamignano, di seguire l'intero percorso degli affreschi su parete, attraverso un breve viaggio tra le piccole frazioni del Comune, non solo sarà possibile immergersi nella storia locale che interessò questo territorio proprio in quegli anni ma anche conoscere l'ospitalità degli abitanti. (presso il Comune è possibile reperire una guida particolareggiata del percorso dei murales dei briganti al muro).
    Da Fiamignano imboccando la strada provinciale in direzione Avezzano uscendo per Pescorocchiano e seguendo le indicazioni, dopo aver attraversato Civitella, si giunge in poco tempo a Pescorocchiano. Il toponimo è composto da due parole : la prima Pesco o Peschio significa "luogo alto e ripido" e ricorre in molti luoghi dell'Italia centro-meridionale, più incerta è la derivazione della terminazione Rocchiano che potrebbe derivare dal nome con cui nell'alto medioevo si identificava geograficamente la zona dove si trova lo sperone di roccia. Prima di procedere verso il centro storico del paese è possibile raggiungere le grotte di Val de' Varri. Non appena arrivati vi è un ampio parcheggio con una zona adibita alla sosta e formazione di gruppi per la visita alle Grotte. L'impatto con il magnifico dirupo del "grottone" è emozionante, vi si giunge dopo aver percorso il breve tratto d'ingresso, dove il Rio Varri con millenaria sapienza ha creato le sue cascate. Dopo aver percorso la forra d'ingresso si può accedere al ramo sinistro dove vi è la zona archeologica (vedi perc. Arch.) e successivamente al ramo destro (fossile) sino al "Salone della confluenza" per un intenso percorso speleo-escursionistico. E' possibile effettuare una Visita tradizionale consentita a tutti, visite didattiche, ed escursioni speleo in ogni periodo dell'anno previa prenotazione presso il Comune. Lasciando a malincuore questo fantastico ambiente, torniamo sui nostri passi per poter godere del borgo di Pescorocchiano.
    A partire dal XII secolo è testimoniata la presenza sul pesclum di un castello e della pieve di S, Andrea. Sul sito dove sorgeva il castello fu costruito in seguito un Palazzo Baronale che alla fine del Seicento fu ampliato dal Marchese Cesare Baldinotti, il quale vi aggiunse anche un cortile, una cisterna per raccogliere l'acqua e la chiesa di San Nicola che ereditava il titolo di un ospedale medioevale. Dell'antico Palazzo Baronale dei Baldinotti rimane in piedi solo un pregiato arco bugnato, dietro il quale è stato recentemente realizzato uno splendido belvedere che scopre gran parte della vallata. In lontananza è possibile ammirare la chiesa di S.Maria della neve che sorge nei pressi del complesso cimiteriale del capoluogo. La chiesa era la parrocchiale del castello di Montefalcone che faceva parte della Baronia di Collalto. Presenta la struttura di una pieve rurale, così come ne venivano edificate nel corso del medioevo e cioè una sola navata a pianta rettangolare cui è stato aggiunto forse in epoca successiva un transetto con un abside piccola e poco profonda, all'interno si trovano gli affreschi superstiti dell'antico splendore appartenenti a diverse epoche dal XIV secolo in poi. Di particolare pregio quello dell'abside raffigurante Vergine in trono e Santi, in cui la figura della Vergine era raffigurata, secondo l'iconografia della Madonna di Loreto, inserita all'interno di una edicola. La chiesa è attualmente in fase di restauro. Pescorocchiano durante l'ancien regime così come testimonia l'abate Francesco Saverio Sallusti nel Catasto onciario era costituito da 54 famiglie. Il comune di Pescorocchiano si costituì nel 1811 grazie all'unione di nove università agrarie: Leofreni, Tonnicoda, Macchiatimone, Roccaverruti, Girgenti, Poggio San Giovanni, Rocca Randisi e Torre di Taglio oltre naturalmente Pescorocchiano, con 3177 abitanti. Nel 1859 alla vigilia dell'unità d'Italia, ne contava 4336, l'incremento demografico fino al 1951 ha portato la popolazione a 6675. IL crollo della civiltà contadina la deruralizzazione del territorio hanno dato vita ad un lento ed inesorabile spopolamento che ha portato la popolazione agli odierni 2738 abitanti nell'intero comune.

    SS Trinità (Vallececa)
    Lasciato il borgo si può proseguire rapidamente in direzione Leofreni. Superato il paese, proseguendo sulla provinciale in direzione Carsoli, si imbocca per l'abitato di Santa Lucia di Gioverotondo, conosciuta come Santa Lucia "delle castagne" per la presenza di magnifici castagneti. Il centro si è formato nel corso del XIV secolo, diverse famiglie abbandonarono i casali sparsi e si concentrarono intorno alla chiesa di Santa Lucia. Il paese ha rappresentato un luogo di confine tra lo Stato Pontificio ed il Regno di Napoli, è possibile imbattersi in località "Puzzella" presso le colonnine di demarcazione del confine apposte da alcuni militari del genio dell'esercito napoletano nel 1853. Oggi, nei pressi del paese sorge il museo della castagna, nel quale è possibile ritrovare attraverso documenti e testimonianze, sapori antichi ed odori noti ma ormai perduti legati a questo splendido albero che con i suoi frutti e con il suo legno ha costituito e costituisce una delle maggiori ricchezze del territorio, delineandone nel contempo la sua vocazione.
    Tornando sui nostri passi in direzione Fiumata dopo aver attraversato Leofreni e l'abitato di Pace, dove lungo l'unica strada che lo attraversa potremo ammirare il massiccio Palazzo Antonini, costeggiando il lago si giunge a Vallececa. Il toponimo che forse deriva dalla scarsa esposizione al sole del paese, non rende giustizia allo splendido scenario di cui si può godere da questo borgo. Qui intorno al XIV secolo sorgeva un avamposto doganale che segnava i confini dello Stato Pontificio con il Regno di Napoli. Proseguendo di poco si incontra Il Santuario della SS.Trinità che sorse intorno al XVII secolo (vedi itinerario Sacro).
    Lasciato il lago e salendo attraverso una tortuosa ma affascinante strada avvolta da castagneti, si arriva a Marcetelli. E' necessario lasciare l'auto e salire a piedi sin nel cuore del paese. Partendo da piazza "Della Porta" che ha al suo centro una splendida fontana ottagonale sulla quale si affaccia palazzo Barberini, si prosegue verso il centro costituito da strette stradine e da vicoli lastricati in pietra, dal fascino antico. La fondazione di questo borgo è abbastanza complessa e mostra in modo evidente il rapido disboscamento lungo le pendici dei monti Carseolani, che ebbe un forte incremento all'indomani della conquista normanna della Valle del Salto, avvenuta poco prima della metà del XII secolo, e che comportò un profondo mutamento con la quasi sostituzione dell'antico manto vegetazionale, caratterizzato dal bosco misto, con l'impianto massiccio del castagneto da frutto. Il castello di Marcetelli dovrebbe esser sorto sullo scorcio del XII ed agli inizi del XIII secolo, forse per rinsaldare quest'area di frontiera, che generò nel tempo controversie consistenti con Marcetelli che fu incluso per breve tempo nel Regno Meridionale, per tornare poi in modo definitivo nello Stato della Chiesa. E' possibile che fu fondato dai Mareri interessati a fortificare i loro possedimenti nella zona. Infeudato il 17 luglio del 1271 a Guglielmo di Accrochemoure, che lo detenne sino al 1279, anno in cui lo rassegnò alla curia angioina. Ridotto allo stato di casale, privato del nucleo fortificato, ancor oggi visibile in parte in un colle a sud dell'abitato, fu occupato illegittimamente dai Colonna. Dopo alterne vicende che videro i Mareri tornarne in possesso nel 1655 il castello fu venduto al cardinal Barberini per 25.000 scudi dai Mareri oberati di debiti. Nel 1817 Marcetelli con 410 abitanti, era considerato un luogo baronale della baronia di Collalto nel distretto di Rieti. Nel 1853 prima dell'Unità d'Italia a Marcetelli gli abitanti erano 591, riuniti in 128 famiglie. Oggi gli abitanti sono circa 130. Da segnalare le gole dell'Obito habitat naturale per cinghiali, lupi ed istrici.
    Ridiscendendo verso il lago e risalendo di nuovo la dorsale dei monti Carseolani dopo circa quattro chilometri si giunge a Rigatti, che dal 1968 è frazione di Varco Sabino e non più di Ascrea.

    Il Castello di Rigatti
    Il castello di Rigatti fu fondato probabilmente nel XII secolo, collegato con la comparsa nel 1153 della pieve di Santa Maria in Rivogatti, ed appartenne ai Mareri. Nel 1271 il castello, che faceva parte della baronia di Filippo Mareri, fu sequestrato insieme agli altri e concesso a Guglielmo di Accrochemoure, che lo restituì alla curia regia nel 1279. Tornò poi ai Mareri e nel 1633 fu venduto a Matteo Scacchetti ed eretto a marchesato. Nel 1817 Rigatti era un appodiato di Castel di Tora e nel 1853 di Ascrea, la popolazione assomava a 302 abitanti. Oggi un suggestivo borgo dominato dal Palazzo baronale ne testimonia l'antica storia. Rigatti è inserito nel percorso delle Vie dei Parchi tratto Vicovaro-Varco Sabino.
    Proseguendo, subito dopo si arriva a Varco Sabino, che si presenta adagiato ai piedi di un'imponente parete rocciosa. La fondazione di Varco, che non raggiunse mai lo stato di castrum, dato che non era protetto da fortificazioni, è abbastanza tarda, anche se nella zona dovevano essere presenti forme di popolamento sparso che gravitavano intorno la chiesa rurale di S. Angelo de Varco, dipendente già dal 1252 dall'Abbazia di S.Salvatore Maggiore. L'etimologia del toponimo molto diffusa sembra far riferimento alla collocazione geografica dell'insediamento nel senso di "valico". Viene però spiegata dal Palmieri nel modo seguente:" ..il nome l'acquistò dal rimanere sotto sporgenti rupi, che sono incatenate tutte , ed il capo di tal catena lo ritiene in mano la piccola statua di S. Michele Arcangelo, che rimane in una nicchia o grotticella". La chiesetta rupestre dedicata a S. Michele Arcangelo alla quale si giunge percorrendo un ripido ma panoramico sentiero partendo dall'abitato. Al momento della completa riorganizzazione dello Stato della chiesa Varco fu appodiato di Castelvecchio, con 362 abitanti, ed inserito nel governatorato di Roccasinibalda. Successivamente divenne Comune. Nel 1853 vi erano 404 anime che formavano 86 famiglie. La chiesa parrocchiale era dedicata a S, Girolamo. Attività principale era la lavorazione del legno a cui attendevano 14 bottai. Presenti anche un sarto, uno scalpellino, una bottega di ferri lavorati ed una piccola spezieria. La piazza del villaggio serviva per la trita del grano. Oggi gli abitanti residenti sono poco più di cento.
    Varco è inserito nell'itinerario delle strade dei parchi ed ospita gli Uffici della Riserva Naturale dei monti Cervia e Navegna. Da segnalare una nuova via in fase di progettazione che permetterà di raggiungere Castel di Tora sul lago del Turano in breve tempo, rafforzando la contiguità dei territori. E' possibile praticare sci nautico e wakeboard
    Lasciando Varco e percorrendo la nostra consueta ed evocativa strada, si giunge tra castagneti e scorci di lago a Poggio Vittiano.
    Tra la vegetazione ed il lago si presenta alla vista ciò che resta dell'antico castello ed all'interno l'incantevole borgo ben conservato. Il castello di Poggio Vittiano compreso anch'esso nella signoria feudale di S.Salvatore Maggiore, compare in fonti scritte del XIII secolo, nel 1253, ad esempio è ricordata la chiesa di S. Maria di Poggio Vittiano, ma la fondazione è indubbiamente più antica. Nel 1817 appodiato di Castelvecchio nel governatorato di Roccasinibalda con 150 abitanti, successivamente divenne appodiato di Varco. Nel 1853 aveva una popolazione di 186 persone, suddivise in 38 famiglie. All'interno del paese nei pressi di una piccola chiesa rurale che poggia su roccia tufacea, è possibile godere di uno dei più bei panorami della valle.

    Rocca Vittiana
    Costeggiando il lago in breve si giunge a Rocca Vittiana. E' necessario lasciare l'auto e raggiungere l'antico borgo conservato benissimo a piedi. Il centro, situato su un'altura con viuzze caratteristiche e stretti vicoli, domina la parte finale del lago Salto verso l'imponente diga. Un interessante palazzo conferisce autorevolezza e fascino al paese. Le fasi più antiche attestano la presenza di un notaio Matteo nel 1238, originario del luogo, e nel 1252 la presenza delle chiese di S. Tommaso, di S. Felice e di S. Giacomo, tutte appartenenti a S. Salvatore Maggiore, le ultime due rurali in un documento posteriore vengono attribuite a Poggio Vittiano. Nel 1282 gli abitanti di Rocca Vittiana, insieme a quelli di Poggio Vittiano, Offeio e S- Martino, per sottrarsi alla signoria del monastero di S. Salvatore, giurarono fedeltà, obbedienza e vassallaggio per il tramite del proprio sindaco al comune di Rieti, nella persona del podestà Guglielmo da Orvieto. Nel 1817 era appodiato di Castelvecchio nel governatorato di Roccasinibalda con 127 abitanti. In seguito fu appodiato di Varco e nel 1853 contava 174 persone suddivise in 31 famiglie. Nel paese si vendevano solo Sali e tabacchi. La chiesa di S. Tommaso apostolo ha origini medioevali.
    Con poco più di 15 chilometri superata l'imponente diga del lago Salto si giunge al bivio per Concerviano, presso il quale sorgeva un tempo l'antica dogana, passaggio obbligato per chi transitava tra i due Regni. Proseguendo per Concerviano una volta superato il paese, si continua in direzione Longone Sabino, dopo poco si arriva a Cenciara, ultima tappa del viaggio nelle terre di confine. Questo paese può essere raggiunto in breve tempo anche da Rieti direzione Fassinoro e da Roccaranieri. All'interno del piacevole borgo si è accolti da una graziosa chiesa romanica, ben conservata con la torre campanaria sul lato facciata. Curiosa la condizione amministrativa di questo borgo che è una enclave appartenente al comune di Concerviano, inserita nel territorio amministrativo di Longone Sabino. Una non certa interpretazione etimologica del termine lo fa derivare da Censuaria che coincideva con l'esistenza di una zona di dogana.



    Le terre di confine

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