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Salto Cicolano: itinerari da scoprire nel centro d'Italia |
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Percorsi Blu Alla scoperta del paesaggio lacustre |
Castello di Macchia Timone
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Il Castello di Macchiatimone può essere considerato uno dei complessi medievali più rilevanti della Valle del Salto. Le rovine del castello abbandonato nel XVII secolo, dominano una profonda gola che il fiume Salto si è aperto nella roccia calcarea, a ridosso dell'odierno lago. Le origini del castello non sono ben conosciute e risalgono soltanto alla metà del XII secolo. Lo stesso toponimo di Macchiatimone sembra evocare un'origine più antica, almeno per le prime fasi del dissodamento dell'area. Il termine "macchia" indica infatti i grandi varchi aperti dalle asce dei disboscatori all'interno della vegetazione, non l'inverso come spesso si ritiene, il bosco prevaleva nel paesaggio medioevale, ma il toponimo in sé, seppur indichi la conquista agraria di una determinata area e probabilmente, il nome di colui che l'avviò, non dà informazioni su quando questo processo ebbe inizio, né sulla contemporanea fondazione o meno di un insediamento fortificato. Non sono molto chiare le tappe della frantumazione dei possessi di Gentile Vetulo, dato che le notizie successive risalgono al secondo quarto del XIII secolo, quando Macchiatimone assunse notevole rilevanza, divenendo un importante frammento della struttura difensiva organizzata lungo la Valle del Salto da Federico II. Secondo lo statuto, Macchiatimone poteva essere riparata dagli uomini della baronia del defunto Giordano di Pescorocchiano e da quelli della baronia di Gentile da Pescorocchiano e dai suoi consorti. Nel 1239 fu nominato castellano di Macchiatimone , per incarico di Federico II, da Enrico da Morra gran giustiziere dell'imperatore, Bartolomeo di Castiglione. Bartolomeo di Castiglione era un personaggio di notevole rilievo. Figlio di Tolomeo di Castiglione, capitano per Federico II nella contea di Arezzo e giustiziere d'Abruzzo e di Val di Crati e fratello di Giacomo, arcivescovo di Reggio Calabria. Proprio la nomina di Bartolomeo a castellano di Macchiatimone dà conto dell'importanza che questo castello aveva assunto nelle strategie militari dispiegate da Federico II nel Reatino e nel Cicolano, per piegare rapidamente le resistenze che si erano venute coagulando intorno a Rieti, città fedele al papato sia pure soggetta da non molto tempo, ad alcuni rappresentanti della nobiltà locale, meno pronti dei Mareri a cogliere con sagace e pronta intuizione il mutare degli eventi. Non sono affatto chiari gli accadimenti che hanno condotto Macchiatimone da castello del demanio imperiale sotto Federico II a castello inserito nella baronia di Collalto, insediamento situato nello Stato della Chiesa. La permanenza di Macchiatimone all'interno della baronia di Collalto non ha lasciato molte tracce nella documentazione medievale, come del resto è avvenuto per la stessa baronia. Una documentazione tanto scarna da consentire una ricostruzione lacunosa e frammentaria della genealogia dei signori di Collalto, senza consentire di andare molto oltre. Nel Quattrocento oltre al castello esistevano i villaggi di Pace, Baccarecce e di Ospanesco. Per alcuni abitanti di questi villaggi sono ricordate le sanzioni comminate per la mancata manutenzione di strade o le tasse pagate alla curia baronale: un piccolo affresco della società di questa area del Cicolano nei primi decenni del Quattrocento ed un indizio ormai certo delle avvenute trasformazioni del paesaggio con il predominio dei castagneti da frutto inseriti sempre più profondamente all'interno dei querceti misti, che probabilmente costituivano la vegetazione dominante della zona fino al pieno medioevo. Nel Cinquecento Macchiatimone per volere di Carlo V passò ai Savelli, ma ormai agli inizi del Seicento la sorte del castello appariva segnata. Fu abbandonato nel XVII secolo, quando gli ultimi abitanti si trasferirono nel villaggio di Pace. Oggi rimangono la torre quadrata della rocca ed alcuni torrioni a sezione circolare. Sul sito del castello di Macchiatimone sono state effettuate nel 1991 e nel 1992 due campagne di scavo da parte di una équipe dell'Università di Leicester nel quadro del progetto per la valorizzazione e restauro delle rocche portato avanti dalla comunità montana VII Salto Cicolano.
Teglieto
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S. Ippolito, piccola frazione interamente ricostruita a monte dopo che il paese vecchio, edificato sulle rive del fiume Salto, fu sommerso dalle acque del lago omonimo. La chiesa intitolata a S: Ippolito fu anch'essa ricostruita nel 1940. Sotto il paese sorgeva Rocca Alberisi, i cui resti sono ancora visibili guardando dal paese di Colaralli. Nelle vicinanze del vecchio centro sommerso sorgeva il monastero benedettino di S.Croce. Il vecchio paese era famoso per i suoi quattro mulini, alcuni dei quali erano alimentati dalla sorgente La Forma, situata in località Peschie, capace di erogare oltre 1,5 metri cubi di acqua al secondo. Con la costruzione della superstrada Rieti- Torano è stata intaccata la falda acquifera e la sorgente ha cessato di fornire acqua.
Fiumata, è stata sommersa solo parzialmente dall'invaso, perché sorgeva più a monte degli altri paesi sommersi. Fu sommersa però la chiesa di S. Angelo in flumine, che esisteva fin da epoca antica, V-VI secolo. La chiesa parrocchiale è intitolata a SS. Michele Arcangelo, patrono del paese festeggiato l'otto maggio o in giorni prossima a tale data. E' stata riedificata poco prima del 1940, periodo del massimo invaso del lago. Trovandosi in posizione strategica da un punto di vista commerciale, in quanto situata in posizione centrale nel Cicolano. Un imponente ponte unisce le due sponde del lago.
Girgenti, questo paese fu aggregato al territorio del comune di Pescorocchiano nel 1808. Unica Università posta sul lato sinistro del fiume Salto appartenente allo Stato di Cicoli, feudo prima dei Mareri, poi dei Colonna ed infine , dei principi Barberini. Sulla parte più alta del paese è situata la chiesa parrocchiale di S.Sisto. Da lì, si gode di una vista mozzafiato sul lago del Salto e sull'intera valle. La piazza centrale è dominata da palazzo Jacobelli. Girgenti fu per un certo periodo, luogo di confino del Regno di Napoli, dove venivano confinati coloro i quali si erano resi colpevoli di reati di diversa natura.
Borgo S.Pietro
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Borgo S. Pietro prima di essere sommerso dalle acque del lago nel 1940, era uno dei centri più popolati del Cicolano. Le acque sommersero anche il monastero ( vedi Itinerario Sacro)
Si procede verso Rieti costeggiando il lago, scoprendone insenature, gole, rocce fluttuanti ed una verdeggiante vegetazione che si rispecchia nelle acque. Dopo poco si giunge in vista dell'imponente diga, finita di costruire nell'estate del 1940, dalla Società Terni per la produzione di energia elettrica. Quattro i paesi sommersi, Sant'Ippolito, Fiumata, Teglieto e Borgo San Pietro, ricostruiti più a monte, gli abitanti furono evacuati forzatamente, e lasciarono le proprie case, i propri campi, ed i ricordi di una vita. Oggi quando scende il livello delle acque del bacino artificiale è possibile riconoscere quelle testimonianze sepolte dal fango.
Superata la diga si giunge a Rocca Vittiana e Poggio Vittiano (vedi it. Terre di confine).
Si giunge poi a Varco Sabino, (vedi it. Terre di confine)prima che il lago seppellisse i vecchi borghi, un ponte sul fiume da Borgo San Pietro, consentiva ad una mulattiera di raggiungere il valico di Varco Sabino, e facilmente la via per l'AGRO ROMANO percorsa per la transumanza in autunno ed in primavera. Giunti a Varco Sabino si entra nel territorio della Riserva dei Monti Cervia e Navegna, il paese è anche sede degli uffici della Riserva. La Riserva Naturale Monti Navegna e Cervia, è stat istituita con L.R.9.09.1988 ed ampliata nel 1997. Il comprensorio che tutela è abbastanza vasto nella catena dei dei Monti Carseolan, tra i bacini artificiali dei laghi Salto e Turano. La sua superficie è di 3599 ha, e comprende i comuni di Rocca Sinibalda, Castel di Tora, Ascrea, Collalto Sabino, Collegiove, Marcetelli, Nespolo, Paganico e naturalmente Varco Sabino. A Nord è delimitata dai Monti Navegna (1.508m.) e Filone (1.329m.) ed a Sud, il Fosso dell'Obito la separa dai rilievi del Monte Cervia (1.436 m.).
Il monte San Giovanni, posto a meridione, chiude idealmente la Valle. Il confine con il territorio abruzzese di Carsoli, è delineato dai rilievi che circondano Nespolo.
Lago del Turano
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La vegetazine dell'area protetta è quella tipica del territorio, ambienti incontaminati dove, sopra i 1000 metri, regnano sovrani i faggi circondati da aceri, e più a quote inferiori castagni e querce secolari. Il lupo, è presente in questo territorio insieme al gatto selvatico, l'aquila reale e lo sparviero, l'orso bruno morsicano è presente occasionalmente. Molto diffuso e numeroso il cinghiale Nei fontanili si possono trovare la salamandrina dagli occhiali e l'ululone dal ventre giallo. Il sottobosco è ricco di prodotti e di fiori. L'area è sempre stata un territorio di confine, anticamente tra gli Equi ed i Sabini, poi tra lo Stato Pontificio ed il Regno di Napoli, e recentemente tra l'alta Sabina ed il Cicolano. Splendidi sentieri tra i quali spicca Il SENTIERO ITALIA che attraversa la Riserva, per informazioni rivolgersi presso la sede della Riserva dei Monti Cervia e Navegna. Da qui è semplice scendere nella Valle del Turano e visitare Castel di Tora Ascrea….. il viaggio continua.
Percorsi blu
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